È stato il problema più grave della nostra economia negli ultimi decenni, ma è quasi sempre stato del tutto assente dal dibattito politico. Si parla della famosa produttività delle aziende, cioè, per usare le parole dell’OCSE, il PIL prodotto da un Paese per ogni ora lavorata. Potrà sembrare un’astrazione da economisti, ma una maggiore produttività e gli strumenti per migliorarla possono avere un impatto davvero positivo sulla vita di molti.

Si pensi al boom economico del dopo guerra italiano. In quegli anni il nostro Paese, grazie anche a manodopera in abbondanza e a buon mercato, è riuscito a rialzarsi e a diventare una delle principali manifatture del mondo, migliorando le condizioni di milioni di italiani. Al giorno d’oggi le cose si sono fatte più complesse e non basta solo tanto “olio di gomito”, ma per alzare la produttività servono innovazione e condizioni ambientali favorevoli per il tessuto imprenditoriale (e vale per tutti i Paesi del mondo, non solo per l’Italia).

Il «Compendio degli indicatori sulla produttività» dell’OCSE, il bollettino statistico del Centro Studi di Fondazione Ergo e anche i report della Banca d’Italia ci dicono che il nostro Paese non riesce a tenere il passo rispetto alla produttività degli altri Stati del G7 o anche soltanto di quelli europei. Dal 1995 al 2016, la Germania e la Francia hanno visto crescere la propria capacità produttiva tra i 20 e i 30 punti percentuali e noi soltanto del 5%.

Tasso di crescita della produttività
Figura 1: Tasso di crescita della produttività (PIL per ora lavorata, tasso di crescita cumulato nel periodo, %), 1977 – 2017. Obiettivo Crescita, The European House – Ambrosetti (2018)

Le cause della bassa produttività

In realtà, guardando in dettaglio i dati, ci sono anche segnali positivi. Infatti, al crescere delle dimensioni dell’impresa, la produttività delle nostre aziende è in linea (e in certi casi pure maggiore) con quella di Germania, Francia, UK e Spagna.

Efficacia del fattore lavoro (produttività del lavoro) e valore aggiunto prodotto sul totale dell’economia per dimensione dell’impresa

Figura 2: Efficacia del fattore lavoro (produttività del lavoro) e valore aggiunto prodotto sul totale dell’economia per dimensione dell’impresa nel settore manifatturiero (valore aggiunto orario su costo del lavoro orario e valore aggiunto su totale, %), 2014. Obiettivo Crescita, The European House – Ambrosetti (2018)

Il problema è che le micro e piccole imprese sono la stragrande maggioranza in Italia e occupano la maggioranza della popolazione. L’Istat, nel rapporto Noi, Italia del 2019, ha calcolato che il numero di impiegati medi in un’impresa italiana è di 3,8, contro una media europea di 5,8 e tedesca di più di 11 dipendenti.

Altro punto fondamentale, che ha rallentato notevolmente la crescita della produttività italiana come dato aggregato è la pubblica amministrazione. L’ambiente in cui si muove l’impresa come le infrastrutture presenti, l’efficienza della giustizia, la facilità di comunicazione con il fisco e via dicendo, sono fattori determinanti per aumentare o diminuire la produttività di un Paese. La burocrazia pesa tantissimo sia come disincentivo a entrare nel mercato sia come disincentivo ad aumentare le dimensioni delle aziende già presenti.

Ci sono tanti fronti su cui ci si poteva muovere per aumentare la nostra crescita anemica: ridurre gli oneri burocratici, abolire le tasse più distorsive (leggere alla voce IRAP) assicurando le coperture, favorire gli investimenti in innovazione. Ma anche incentivare le fusioni di piccole realtà o tagliare il cuneo fiscale per le imprese che assumono personale altamente qualificato e/o manageriale, ingrediente importante per migliorare la produttività.

Tuttavia, a parte alcune poche ma significative azioni come Industria 4.0, le politiche industriali del nostro Paese sono sempre andate verso direzioni diverse, concentrando energie e risorse per il salvataggio di aziende fallite (Alitalia) o disincentivando la crescita dimensionale attraverso politiche fiscali sbagliate (Quota 100), controlli e adempimenti sempre più stringenti man mano che le imprese crescono. Tanto che quando sentiamo dire che la miglior politica industriale per questo Paese è quella morta, tocca per forza dargli ragione.

Cosa ci aspetta nel futuro

Alto debito pubblico, produttività piatta e crescita asfittica sono un mix micidiale di “patologie pregresse” che al primo shock esogeno hanno mandato KO il Paese. L’arrivo del Nuovo Coronavirus sta avendo sull’Italia gli stessi effetti che ha avuto sui pazienti gravemente malati, riducendo la nostra capacità di respiratoria e compromettendo ancora di più il quadro clinico.

Secondo le stime del FMI, nel 2020 l’Italia sarà il Paese con la maggior riduzione di PIL%, con un rimbalzo modesto nel 2021, che non basterà a compensare il crescente divario con le altre economie sviluppate.

Impatto del Covid sul PIL delle economie mondiali
Figura 3: Varazioni % del Pil post Covid, FMI (2020)

È ora, quindi, di ripensare la nostra economia, partendo da ciò in cui eccelliamo: lo spirito imprenditoriale e individualistico degli italiani e responsabilizzando un popolo che per troppo tempo è stato da una parte coccolato e illuso, e dall’altro vessato e subissato da mille balzelli e controlli che ne hanno impedito l’evoluzione.

Abbiamo degli esempi straordinari, prendiamo il ponte Morandi: la velocità con cui abbiamo provveduto a ricostruire questa infrastruttura la si deve a un fattore principale, ovvero la deroga a tutte quelle norme e regole che abbiamo studiato negli anni per evitare la corruzione negli appalti. Capiamoci, non sono per la corruzione o la totale deregulation, eh, però non possiamo neppure restare fermi a causa di leggi che evidentemente non contribuiscono poi molto alla riduzione del fenomeno corruttivo.

Questo è il momento di ridare respiro, di metterci alla prova, di prenderci le nostre responsabilità. Per farlo è necessario che lo Stato per primo allenti la pressione sulle imprese e sui singoli cittadini, facendosi alleato della libera impresa, non mero controllore pronto a punire o a ostacolare, o peggio ancora imprenditore e pianificatore illuminato.

Ci sono tanti modi per ripartire, ci sto lavorando nel mio programma e spero di potervi presentare un po’ di proposte già nelle prossime settimane. Di sicuro nessuno prescinde da un nuovo atteggiamento della macchina statale e nessuno prescinde dall’attività economica privata.