Come chi mi segue avrà capito, un aspetto che mi sta molto a cuore è la formazione. Questo significa anche prestare attenzione ad un altro tema molto importante e delicato, quello del diritto allo studio. Oggi vorrei approfondire il tema dei prestiti universitari (o d’onore), ovvero quei prestiti garantiti per il 70% dallo Stato che gli istituti di credito privati possono erogare a tassi ultra agevolati agli studenti.

Secondo il rapporto Eurydice (rete europea di informazioni sui sistemi educativi), in Italia questo strumento è poco utilizzato: soltanto l’1% degli studenti ne usufruisce, contro percentuali superiori al 50% del nord Europa e contro il 22% della Germania. Questo nonostante da noi l’università costi mediamente di più rispetto che in molti altri Paesi europei. Costi che aumentano se si considerano i master.

Come mai allora c’è così poca richiesta? Dopotutto, un aiuto economico potrebbe essere particolarmente utile per chi, ad esempio, dovesse avere un ISEE medio-alto, non grazie ai redditi famigliari, ma a causa del proprio patrimonio immobilizzato, spesso poco fruttifero (gli immobili spesso sono più fonte di spesa che altro) e difficile da fruire. Secondo Tortuga (che ne ha parlato su Linkiesta qui e qui), il problema sembra essere che pochi studenti sono a conoscenza dell’esistenza di questi prestiti e che le soluzioni sono talmente variegate che per uno studente o una studentessa diventa difficile valutare quale investimento sia più o meno vantaggioso. Inoltre, anche se le ricerche dimostrano che in Italia avere una laurea permette di avere redditi più elevati sul medio/lungo periodo, le difficoltà che si riscontrano entrando nel mercato del lavoro scoraggiano a investire, per timore di non riuscire a ripagare il debito – è bene ricordare che il salario dei neolaureati italiani è mediamente più basso di quello di molti omologhi europei. Per questo, nonostante ci siano molte iniziative interessanti (Diamogli Futuro e altre iniziative private come i prestiti Unicredit ad honorem e per merito di Intesa San Paolo, di cui si parla anche negli articoli) sembra non esserci interesse verso lo strumento prestito.

Uno strumento che potrebbe aiutare molti giovani

Innanzitutto, bisogna sfatare una preoccupazione: sebbene una diffusione di strumenti creditizi di questo genere potrebbe portare ad un aumento delle tasse universitarie, come avvenuto anche negli USA, l’Italia sembra non correre questo rischio. Infatti, poiché l’istruzione universitaria italiana è prevalentemente pubblica le rette universitarie non rischiano di schizzare alle stelle. E se proprio volessimo scongiurare ulteriormente questa possibilità, si potrebbe intervenire in modo più profondo sull’istruzione terziaria: per esempio, con un sistema composto da università no-profit articolato su tre livelli, di cui i primi due composti da enti le cui rette dovrebbero essere limitate da massimali.  In questo contesto, la possibilità di ottenere i prestiti sarebbe esclusiva del primo livello. In tal modo, si verrebbero a replicare per molti studenti le situazioni delle realtà scandinave o tedesche, in cui la frequenza universitaria, in alcuni casi, è addirittura gratuita e i prestiti vengono utilizzati per spostarsi o, nel caso opposto, per pagare le tasse universitarie senza aumentarne i prezzi artificialmente.

Ciò detto, Tortuga ha rilevato come i principali beneficiari dovrebbero essere studenti con ISEE medio-alto dovuto principalmente a ricchezza immobilizzata: siccome quelli con ISEE basso sono già beneficiari di borse di studio, agli altri potrebbero essere conferiti prestiti agevolati. Uno strumento aggiuntivo, insomma, che non sostituisce le agevolazioni monetarie e le soluzioni abitative per gli studenti a basso reddito. È bene infatti ricordare che non solo le tasse universitarie, ma anche gli affitti e la vita fuori sede comporta esborsi notevoli e quindi un prestito o una borsa di studio potrebbero rivelarsi utilissimi anche in ottica di maggiore indipendenza dei giovani.

Trasformare in realtà i prestiti universitari

Per far fronte alla frammentazione di proposte nate a livello regionale e per potenziale la dotazione da 20 milioni assegnata al progetto Diamogli Futuro, esiste un Disegno di Legge che prevede la creazione della “Società dei Prestiti Studenteschi”, un fondo a partecipazione pubblico-privata a sostegno dei prestiti universitari per gli studenti più meritevoli. Si tratta di una proposta di cui ancora molti aspetti sono nebulosi, ma sicuramente è un primo passo avanti.

Credo che la modalità migliore per erogare i finanziamenti e le garanzie sia quella di mettere questa responsabilità in capo agli EDISU (Enti per il Diritto allo Studio Universitario) regionali e alle Università. Posta una serie di limiti (ISEE medio/alto, numero massimo dei beneficiari e delle opzioni di pagamento, tassi di interesse massimi, etc…), gli enti erogatori potrebbero studiare il prestito in modo che sia restituito secondo quote fisse proporzionate al primo stipendio e prevedere una quota minima al di sotto della quale il pagamento rimanga congelato (entro i limiti accennati sopra). Tortuga propone che questo avvenga tramite erogazione diretta da parte dello Stato, ma secondo me è meglio cercare di favorire una sana competizione tra enti e territori, così da favorire più capillarmente il diritto allo studio. Inoltre, le Università potrebbero pensare di concedere i prestiti per le facoltà i cui laureati siano particolarmente richiesti e di cui ci sia poca offerta, anche in relazione alle diverse realtà territoriali. O, ancora, si potrebbe fare in modo che gli EDISU finanziassero prestiti e borse destinate agli ITS, sempre per rimanere in tema di eccesso di domanda.

Infine penso – e qui concordo pienamente con Tortuga – che questi strumenti andrebbero pubblicizzati molto di più nelle scuole superiori e che andrebbero ridotti i requisiti di merito per l’erogazione, in funzione di incentivo allo studio di alta formazione.

E voi? Fatemi sapere cosa ne pensate!