Ciao a tutti, oggi ho deciso di dare spazio alla testimonianza di una ragazza, Giulia Pezzi, coordinatrice del Gruppo Under 30 di Arezzo in Azione. La sua esperienza mi ha toccata e ho voluto darle l’opportunità di usare questo spazio per contribuire a portare all’attenzione pubblica un problema molto grosso: le malattie non riconosciute dal Sistema Sanitario Nazionale. In particolare, Giulia deve fare i conti con la fibromialgia, un disturbo a dir poco insidioso ed invalidante. Non mi dilungo oltre e lascio che sia proprio Giulia a spiegare di che si tratta.
Buona lettura!

 

La mia storia di malata dimenticata

Fotografia di Giulia Pezzi

Foto dell’autrice, Giulia Pezzi

Ti è mai capitato di soffrire di un disturbo di salute ma di sentirti solo o poco assistito?

Questa condizione è vissuta da milioni di italiani che, ai problemi già associati alla loro malattia, sono talvolta costretti a vedere sommata l’indifferenza delle istituzioni. Tra questi, ci sono anche io: mi chiamo Giulia Pezzi, ho 20 anni, sono una studentessa di Scienze Politiche e coordino il Gruppo under 30 di Arezzo in Azione.

Alcune patologie, come la mia, non ottengono il giusto riconoscimento dallo Stato italiano. Chi è affetto da queste malattie “dimenticate” spesso non ottiene l’assistenza medica e psicologica necessaria ad affrontare al meglio la propria patologia e non riesce quindi ad avere una qualità di vita paragonabile a quella degli altri cittadini italiani.

Il problema è di tipo normativo e dipende dal fatto che alcune patologie rare sono escluse dal registro delle malattie rare. Una di queste malattie è la fibromialgia.

La fibromialgia

La fibromialgia è una patologia tutt’altro che rara e, nonostante non sia riconosciuta come grave, è a tutti gli effetti una malattia invalidante. La sindrome fibromialgica (suo nome ufficiale) provoca dolori diffusi, indebolimento, stanchezza e rigidità muscolare. Per quanto poco conosciuta dall’opinione pubblica, colpisce quasi 4 milioni di italiani, rendendola la seconda malattia reumatica più diffusa nella Penisola. Le cause non sono ancora conosciute ma gli esperti sospettano che la fibromialgia sia data dalle alterazioni del rilascio dei neurotrasmettitori, dall’ipersensibilizzazione del sistema nervoso centrale, dalle alterazioni dell’asse ipotalamo-ipofisi e da altre numerose concause.

Astenia, rigidità mattutina, disturbi del sonno, parestesia, mal di testa, ansia e depressione, sindrome sicca, sindrome dell’intestino irritabile, fenomeno di Raynaud,  dolori mestruali: questi sono tra i sintomi più diffusi con cui chi soffre di dibromialgia è costretto a convivere. Ciò nonostante le sofferenze del malato fibromialgico non vengono riconosciute. Infatti, apparentemente, le persone come me sono in buona salute, anche se sono costrette a sopportare ogni giorno dolori che limitano lo svolgimento delle normali attività quotidiane e di molti lavori, che portano in alcuni casi a una riduzione della qualità della vita.

Il paziente è costretto a vivere anche un altro gravoso problema: la difficoltà di diagnosi. Poiché non esiste ancora un protocollo univoco per diagnosticare la malattia, i malati vengono sottoposti per anni a esami e visite specialistiche che servono per indagare l’origine del dolore quotidiano, al fine di escludere prima tutte le altre patologie con sintomi simili e arrivare – solo alla fine – a una corretta diagnosi. Non conoscendo bene la fibromialgia, molti medici non la prendono addirittura neppure in considerazione in fase di diagnosi.

Purtroppo, anche anche quando arriva, la diagnosi non offre soluzioni definitive. Non esistono cure che risolvono il problema, ma solo terapie che rendono più facile convivere con la malattia e i suoi sintomi. La terapia richiede un approccio multidisciplinare che include l’utilizzo di analgesici, antidepressivi e integratori multivitaminici. A cui si possono affiancare psicoterapia, agopuntura e trattamenti riabilitativi del tono muscolare.

Cosa si dovrebbe fare

Per quanto concerne la fibromialgia esiste il disegno di legge del Senato n.299/2018, che punta a d includere questa patologia tra le malattie invalidanti, assegnandole un livello di invalidità pari al 50%. Dopo mesi di lavoro della commissione presieduta da Pierpaolo Sileri, l’iter della legge si è però interrotto nel giugno del 2018,  forse per via della caduta del governo in carica. Sebbene possa essere migliorata con l’aggiunta di alcune previsioni di cui la prima stesura del ddl non ha tenuto conto, se approvata, questa proposta di legge potrebbe comunque restituire dignità ai pazienti affetti da fibromialgia. A questo primo intervento sarebbe poi opportuno aggiungere un indennizzo per l’assistenza psicologica che serve a gestire le ripercussioni emotive e psicosomatiche generate dalla malattia, nonché la possibilità per il paziente fibromialgico di scegliere un professionista a cui rivolgersi invece di essere indirizzato verso strutture di ascolto gratuito.

persona che scrive

Il Disegno di legge del Senato n.299/2018 si è arenato dopo la caduta del primo Governo Conte e i malati fibromialgici sono ancora in attesa di un riconoscimento

E le altre patologie?

Secondo alcuni esperti gli elenchi di malattie esistenti rischiano di essere inutili, se non addirittura strumenti ad excludendum nei confronti delle patologie non ancora riconosciute.

Meglio un elenco che niente, qualcuno potrebbe dire. D’accordo ma allora bisognerebbe chiarire nelle normative che stabiliscono i Livelli Essenziali di Assistenza e l’elenco delle malattie rare quale autorità medica debba prendersi carico di aggiornare in maniera costante il catalogo di patologie non ancora riconosciute. Per il momento, infatti, la normativa conferisce questo onere ad un non meglio specificato «personale medico qualificato ed esperto», diverso da quello che ha posto la diagnosi di malattia rara e che non è stato capace di codificarla.

Rimane poi la questione della ricerca: la ricerca di base, finalizzata anche a trovare nuove cure per i pazienti, dovrebbe essere una priorità per lo Stato, molto più di altre politiche che spesso vediamo oggetto di interesse nel dibattito pubblico. Ma in questo Paese, lo sappiamo, in ricerca si spende ancora troppo poco.

Per questo motivo credo che l’appoggio di Azione al Piano Amaldi sia una scelta corretta e doverosa. Speriamo serva a contribuire ad una buona allocazione dei fondi del Next Generation Eu.